– Amare il Signore -

Il rapporto con Dio, che da Dio stesso viene proposto ad ogni anima, è un autentico rapporto d’amore e probabilmente tanti non riescono a fare questa esperienza d’amore e quindi non riescono a fare esperienza di Lui, ma nel cuore di ognuno c’è questa esigenza  di amare e soprattutto di essere amati. Nel momento in cui ci si sente amati, si comprende l’amore. Tante volte, purtroppo, sono esperienze false, illusorie, che deludono e lasciano l’anima ignorante d’amore e quindi ignorante di Dio.

San Pio scriveva:

Che cosa è mai quel desiderio ardente che tu stessa senti di volere amare Dio? Chi ti ha messo nel cuore questa brama di amare il Signore? O figliuola, se in un’anima non ci fosse altro che la brama di amare il suo Dio, già c’è tutto, c’è Dio stesso, perché Dio non è dove non c’è il desiderio del suo amore … Iddio può tutto rigettare in una creatura concepita in peccato e che ne porta l’impronta indelebile ereditata da Adamo; ma non può assolutamente (rigettare) il desiderio sincero di amarlo.(Ep.III,721)

Riflessione:

E’ chiaro allora che nel nostro cuore questa brama di amare il Signore, è il Signore stesso che ce l’ha posta. E questa consapevolezza è la condizione privilegiata per questo rapporto d’amore con Dio, per questo rapporto autentico. Se poi questo rapporto viene falsato con surrogati d’amore, si dovrebbe avere la capacità di capire che si è sbagliato perchè si è scelto qualcosa, qualcuno che non è Dio e quindi si rimane nel vuoto, nella sterilità o addirittura nel disgusto.Vogliamo essere allora tutti testimoni di questa relazione divina più autentica. La nostra gioia di vivere dica a tutti che quella brama di amore ce l’ha posta Dio e con Dio riesce ad essere soddisfatta in pienezza. Compiere la volontà di Dio per portare a compimento i progetti d’amore di Dio. Gesù Eucaristia ne è la più chiara manifestazione. Il tempo dell’adorazione è una delle occasioni privilegiate perché questa brama d’amore di Dio possa essere soddisfatta. In questo rapporto autentico e profondo la nostra vita spirituale trova soddisfazione, trova sazietà, trova pace.

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Sperimentare l’amore di Dio significa anche rimanere sempre attirati da Lui. L’amore di Dio ci conquista e una volta che ci ha conquistati, non possiamo fare altro che vivere per Lui, impegnarci per Lui, testimoniare questo grande amore perché il mondo veda, perché il mondo creda.  Tentazioni e avversità si moltiplicano giorno per giorno, ma noi sappiamo a chi ricorrere, sappiamo qual è la sorgente della forza necessaria per combattere le avversità di questo mondo e ritrovarci a dire che Dio è amore.

San Pio scriveva:

Ah, quanto buono è Gesù! Tu sii a lui grata e renditi sempre più degna dei suoi divini carismi. Lavora senza mai stancarti in mezzo ai figliuoli degli uomini per renderli tutti degni della figliolanza divina. Non temere la rabbia di satana che freme perché ti vede affaticarti per la causa di Dio… Tu sii sempre docile, essendo questo il distintivo del Salvatore. ( Ep. III,1062)

Riflessione:

La parola di Dio sottolinea spesso che dall’amore di Dio arrivano a noi carismi, doni e la nostra vita dovrebbe essere un rendersi conto dei carismi ricevuti e man mano essere sempre più degni di questi doni di Dio. Questo esserne degni si manifesta innanzi tutto con la gratitudine, il dire “grazie” ed è bello pensare che dire “grazie” significa dire Eucaristia perchè l’Eucaristia è il rendimento di grazie a Dio per eccellenza. E’ dall’Eucaristia, da questo rendimento di grazie che viene manifestata la nostra gratitudine, che possiamo renderci sempre più conto dei doni ricevuti e quindi attingere quella forza necessaria per lavorare sempre senza mai stancarci. Con quale finalità? San Pio ci dice: ”Per rendere tutti degni della filiazione divina”, questo essere tutti figli di Dio. Quanti ignorano questa meravigliosa realtà! Quanti la rifiutano! Quanti le sono indifferenti! Ancora oggi c’è bisogno di chi la annuncia, di chi la testimonia. La modalità: l’essere docili, docili all’azione di Dio, all’azione dello Spirito Santo, docili nei momenti più difficili di avversione. Non temere la rabbia di Satana, non temere l’arroganza di chi è avverso alle cose di Dio, di chi è contrario, di chi è nemico. Non temere, perché la causa di Dio è più forte, perché la causa di Dio ha vinto e noi siamo stati resi partecipi di questa vittoria. Più volte Gesù lo ha detto: ”Non abbiate paura”. Abbiamo le armi per combattere il male; sono armi che si coniugano con umiltà, docilità, pazienza, tolleranza; virtù un po’ in declino, che hanno bisogno di aumentare la quotazione, perché possano tornare ad essere accattivanti per la buona battaglia della fede, raggiungere il tempo ed essere incoronati anche noi nella gloria.

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Elevandoci in questo rapporto di amore con Dio, capiamo bene che i sensi passano in secondo piano. C’è l’anima che comprende e allora non sono gli occhi, non sono le orecchie, non è nemmeno il cuore: l’anima è altro. La vita spirituale tocca profondità che di certo non riusciamo ad avvertire. E’ indescrivibile questo rapporto con Dio che tocca le profondità del nostro essere, ma è un’esperienza vera, reale. Proprio a questo proposito

San Pio scriveva:

Dunque se l’anima vuole unirsi a Dio in questa vita per grazia ed amore deve necessariamente privarsi di tutto ciò che per gli occhi può entrare, che può percepire coll’orecchio, fabbricarsi con l’immaginazione, comprendere col cuore. Inoltre l’anima non può distintamente in questa vita percepire se non ciò che cade sotto genere e sotto specie; ma Iddio non cade sotto nessuna specie né sotto nessun genere.( Ep. IV,937)

Riflessione:

Quante volte abbiamo sentito l’esigenza di vedere, di toccare, di sentire e sembra quasi che in questa maniera si possa avere soddisfazione, come se la fede divenisse più credibile. Gesù ci dice, per mezzo di tanti santi come San Pio, che tutto ciò non è vero, anzi, proprio quando perdiamo di vista l’esigenza del sentire, del vedere, del toccare, è allora che la presenza di Dio è più viva, è più vera e diventa esperienza dell’anima. Qui non c’entra l’immaginazione e nemmeno una comprensione intellettiva: è un’esperienza che va al di là, diventa appunto indescrivibile. Possiamo arrivare solamente a dire: ”So che c’è, so che è così; come? Non lo so”. E questo diventa il rendimento di grazie a Dio, questa è la relazione più profonda, più autentica; ciò che non si sa spiegare, ma che la vita stessa può manifestare, perché questa esperienza così profonda può generare quella vita differente, quella conversione più autentica, quella autentica realtà dove conta più il cielo che la terra. Questa esperienza del rapporto con Dio è un’esperienza divina. La brama di un amore è la condizione; l’esigenza, è possedere questo amore, significa possedere Dio. Detto così sembrerebbe quasi un delirio, ma Dio è il Dio con noi, è il Dio che si dona, è il Dio oggetto d’amore che si dona per essere amore e trasformarci in amore. Questa è la sua volontà, questa è la sua azione.

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San Pio scriveva:

Tu sai bene che l’amore perfetto si acquisterà quando si possederà l’oggetto di quest’amore, che è Dio stesso; ma Dio non si possederà tutto e perfettamente, se non nella patria e non già nell’esilio. Quindi non essendo dato all’anima il totale possesso di Dio nell’esilio, nemmeno l’amore può possedersi con amore consumato, finché quest’anima peregrinerà su questa terra. Dunque se questa è la nostra condizione, perché tante ansie affannose e sconforti inutili? Brama e brama sempre, ma sia fatto con maggior confidenza e senza timore alcuno. ( Ep. III,721/722)

Riflessione:

Questa mancanza del totale possesso dell’oggetto dell’amore non sa per noi mai di soddisfazione, ma tensione continua alla perfezione. La nostra esistenza dovrebbe essere un tendere continuamente alla patria, per superare il tempo dell’esilio; la provvisorietà dell’esilio, la definitività della patria. Lì, nella definitività, saremo del tutto suoi, sarà del tutto nostro. E’ lì il compimento e allora peregriniamo su questa terra, mirando al compimento e quando si mira al compimento, qualsiasi difficoltà lungo il cammino può essere affrontata e felicemente superata. San Pio si chiede come mai, se questa è la meta, tante ansie affannose e sconforti inutili? Dov’è la fede? Dov’è quell’esperienza dell’anima che supera il sensibile, quando la sensibilità ci coinvolge ancora troppo. Brama, brama sempre, sempre con maggior confidenza; ovvero con fiducia, con gli atteggiamenti che sono propri dell’esperienza dell’anima più che di realtà sensibile. Quando si entra nell’insensibile si entra nell’essenza di Dio, quella più autentica. Il cuore scoppia di gioia; in fondo non sai il perché o forse lo sai benissimo.

Tratto dall’Epistolario III, IV, II edizione anno 1977, 1984 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi

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