– Invocare sempre la misericordia di Gesù -

San Pio scriveva:
Viva sempre la misericordia di Gesù … e se a Gesù dispiace sommamente l’offesa che gli viene fatta da ogni fedele, molto più gli dispiace l’offesa fattagli da un sacerdote. Glielo dico a Gesù che non voglio fare più peccati … Considerando l’amore di Gesù da una parte e la mia ingratitudine dall’altra vorrei, padre mio, dire a Gesù che se io non gli posso corrispondere nell’amore lasci pure di amarmi: solo in questo modo sembrami esser meno colpevole. Ma se Gesù non mi ama, che ne sarà di me! Io non amare Gesù e Gesù non amare più me! Questa è una cosa troppo spaventevole per me e perciò mi fa pregare sempre Gesù, che prosegua pure ad amarmi e ci pensa lui a me, se non mi riesce di amarlo quanto merita. ( Ep.I,236)

Riflessione:

Sembra assurdo che San Pio ragioni in questi termini, ma se San Pio, così esemplare in amore e in misericordia, si poneva questi problemi, cosa dovremmo fare noi? Lui pensava di non amare abbastanza Gesù e di questo ne soffriva ed era consapevole di non meritare tutto l’amore che invece Gesù nutriva per lui. Pensiamo alle volte in cui ci mettiamo in pretesa con Dio; pensiamo all’umiltà di San Pio che tra l’altro, quando pregava, pregava sempre per i peccatori; quell’amore che solo Dio sa dare, doveva arrivare ai più bisognosi e sappiamo, per mezzo suo, quante anime ha conquistato all’amore di Dio. San Pio, che probabilmente era così esperto dell’amore infinito di Dio, capiva di non essere degno di essere amato da Lui. Preghiamo anche noi, come San Pio, che Gesù pensi a noi, perché non riusciamo proprio ad amarlo quanto merita.

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Quanta sintonia tra santi, quanti punti in comune, soprattutto nell’esperienza e nella consapevolezza che Dio è amore. San Pio si esprime vari secoli dopo, in un contesto totalmente differente, uno stile di vita totalmente diverso, eppure esprime la stessa esperienza, un’esperienza che anche noi vorremmo fare, una consapevolezza dell’amore di Dio che ognuno di noi vorrebbe avere. Ma ciò cosa comporta? Comporta il donare la vita, offrire la vita, vivere in funzione di Dio, realmente, non con un pensiero, un proposito, qualche gesto, ma un portare a compimento della volontà di Dio nella propria vocazione ricevuta, uno sperimentare tutto il divino che è in noi e quindi manifestarlo, innanzitutto a noi stessi e poi automaticamente, agli altri. Questo significa prendere sul serio il Vangelo, viverlo.

San Pio scriveva:
Oh! In quanta confusione si trova l’anima mia nel considerare che chi sa quante volte ho chiuso la porta del mio cuore alle divine ispirazioni … Quante volte ho rifiutato colui che bussava al mio cuore, per regnarvi qual sovrano d’amore, dando adito alle più vili passioni! Quale confusione anima mia! O Gesù, sempre ricco di misericordia, perdonami! ( Ep.IV,868)

Riflessione:

Chiudere le porte del cuore significa non accogliere quelle divine ispirazioni che tante volte arrivano anche alla consapevolezza della mente, ma per tanti motivi ignoriamo, mentre per altre cose c’è sempre tempo e quando poi ci accorgiamo di avere emarginato Dio, siamo in confusione. Non so di che confusione poteva parlare San Pio, ma la nostra la conosciamo bene. C’è bisogno di rimettere un po’ di ordine per superare la confusione, per riappropriarci dell’esperienza della misericordia, del perdono.

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Ogni tanto San Pio vede la sua vita come un viaggio e vede come un viaggio anche la partenza da questo mondo. Ci sono vari modi per viaggiare, ci sono varie indicazioni da seguire, vari mezzi da usare. Quali indicazioni scegliamo?

San Pio scriveva:
Te supplico, o mio buon Dio, perché sii la mia vita,la mia barca ed il mio porto. Tu mi hai fatto salire sulla croce del Figlio tuo ed io mi sforzo di adattarmici alla miglior maniera … Avrò la forza, senza mai stancarmi, di ascendere alla celeste visione del mio Salvatore?… Chi rafforzerà i miei passi? Chi se non tu, che sei il bastone della mia debolezza? Miserere di me, o Dio, miserere di me! … la tua fede illumini ancora una volta il mio intelletto, la tua carità mi riscaldi questo cuore infranto dal dolore di offenderti … ( Ep.I,837/838)

Riflessione:

San Pio vede la croce come un mezzo per salire fino a Dio e si chiede se riuscirà, senza stancarsi, ad ascendere fino alla visione del Salvatore. Quale disponibilità abbiamo noi dei mezzi di salvezza che il Signore ci propone? Quale situazione, quale perseveranza, quale tenacia, quale coerenza, quale meta? Perché tante volte anche la meta non è chiara, non solo per i dubbi di fede, ma per tentazioni, dinanzi alle quali siamo cedevoli. Il cuore di san Pio era infranto dal dolore di offendere Gesù e il nostro cuore? La Parola stessa dice:” Non si inorgoglisca il tuo cuore”. Il cuore di san Pio è rimasto nella più perfetta umiltà. Ed il nostro?

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Gesù ha subito la punizione per le nostre iniquità, sul suo stesso corpo e sulla croce riparò ogni ingiuria. Questo significa soffrire per amore e amare per salvare.

San Pio scriveva:
Poniamo i nostri cuori in Dio solo, per non più riprenderli. Egli è la nostra pace, la nostra consolazione e la nostra gloria; e facciamo ogni sforzo per unirci maggiormente a questo dolcissimo Salvatore, affinché possiamo produrre buoni frutti per la vita eterna. Non dobbiamo stimarci forse felici di poter innestare i nostri ceppi su quello del Salvatore, il quale è innestato sulla divinità? Poiché questa essenza sovrana è la radice dell’albero, del quale siamo i rami e le nostre buone opere ne sono i frutti … coraggio; non cessiamo di riporre i nostri cuori in Dio; lasciamolo dunque agire a suo piacimento.     ( Ep.III,702)

Riflessione:

Riponendo i nostri cuori in Dio, è proprio come se ci innestassimo in Lui. E’ la stessa linfa vitale che circola in Lui e in noi. Gesù diceva che Lui è la vite e noi siamo i tralci; è la stessa immagine e  le nostre buone opere sono i frutti. Queste sono le meraviglie di Dio, questa è l’esperienza di Dio e nell’esperienza del porre i nostri cuori nel suo cuore, c’è sempre quella dimensione di amore che passa per la sofferenza, per la croce. Non è una casualità il cuore trafitto di Gesù, non è una casualità che Lui abbia usato il sangue nell’ultima cena e il sangue è uscito dal suo cuore, versato per noi e per tutti.

Tratto dall’ Epistolario I, III, IV, II edizione anno 1973, 1977, 1984 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro parroco don Emilio Lonzi.

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