eucarestia – Gesù Eucarestia -

San Pio scriveva:

Finita la messa, mi trattenni con Gesù pel rendimento di grazie. Oh quanto fu soave il colloquio tenuto col paradiso in questa mattina! Fu tale che pur volendomi provare a voler dir tutto non lo potrei; vi furono cose che non possono tradursi in un linguaggio umano, senza perdere il loro senso profondo e celeste. Il cuore di Gesù ed il mio, permettetemi l’espressione, si fusero. Non erano più due cuori che battevano, ma uno solo… Gesù n’era il paradiso, il re. La gioia in me era sì intensa e sì profonda, che più non (mi) potei contenere; le lacrime più deliziose mi inondarono il volto… Viva il divin prigioniero! ( Ep.I ,273)

Riflessione:

Il rendimento di grazie per la celebrazione della Messa dovrebbe essere il nostro modo di manifestare la fede. La parola stessa Eucarestia significa rendimento di grazie; celebrare la Messa significa celebrare il grazie a Dio per ciò che ci ha donato, per tutto ciò che ha fatto per noi e così, in alcuni momenti di ringraziamento, San Pio ci descrive la sua condizione di paradiso, addirittura quel cuore a cuore con Dio gli sembrava fosse un solo cuore. Il suo cuore batteva all’unisono con il cuore di Dio. Quanto doveva essere immerso in quell’amore! Quanto gli doveva appartenere! Quanto era diventato offerta sacra, San Pio, da sentirsi un tutt’uno con Dio e lo era realmente. Questo donarsi a Lui, questo affidarsi a Lui, questo scegliere ogni giorno di fare la sua volontà, ma sul serio, non a parole. Quante cose della fede noi diciamo a parole ma poi sono così lontane dalla realtà della vita. Nei santi, in questo caso in San Pio, arriviamo a vedere la coincidenza fra la volontà sua e la volontà di Dio, come atteggiamento costante. Dai suoi scritti, d’altronde, ci accorgiamo come ciò che lui dice raramente può definirsi umano: la maggior parte delle volte è proprio divino ed è proprio questo aspetto divino che ci invita alla riflessione, alla preghiera; queste lacrime davvero sante di San Pio per una gioia che non riesce a contenere. Auguriamoci di comprendere almeno in minima parte questa gioia dell’essere così in comunione con Dio. La realtà è che Dio è con noi completamente; siamo noi che non lo comprendiamo in pienezza.

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Quando Gesù chiamò i suoi apostoli per prima cosa li invitò a stare con Lui e poi li mandò a predicare. Ecco questo ci viene chiesto, prima di ogni azione, lo stare con Lui, stare con Gesù. Osservando la vita di San Pio possiamo dire che Lui è sempre rimasto immobile, lì con Gesù e tutto il mondo è andato da Lui e continua. Gesù ci invita a stare con Lui. Sembra che non ci sia mai il tempo per stare fermi, sembra che il tempo migliore sia quello in cui si fanno tante cose, e si è perso il gusto dello stare fermi, del godere, del pensare, del pregare; eppure, se fossimo invitati a stare con Gesù, nessuno lo rifiuterebbe, ma quando poi si capisce che bisogna stare lì fermi sembra, agli occhi del mondo, tempo perso, senza comprendere che è il tempo più prezioso, il meglio utilizzato.

San Pio scriveva:

Chi è che non si trova bene con Gesù? E qual è quell’anima che pensando a ciò che il divin Maestro asserisce: “ La mia delizia è conversare coi figliuoli degli uomini”, non si sente riempire tutto d’infinita allegrezza? Qual è quell’anima che può essere infelice a cui Gesù si è dato in eredità? O non è forse questo stesso Gesù che forma la delizia degli angioli e l’oggetto unico delle compiacenze del Padre celeste?… Spendiamo tutta la nostra vita in rendimenti di grazia al divin Padre, che nell’eccesso del suo amore per noi mandò questo suo Unigenito e nostro dolcissimo Amante! (Ep.III,98,99)

Riflessione:

E’ particolare questa espressione in cui Gesù afferma che la sua delizia è conversare coi figli degli uomini; dovremmo dire che la nostra delizia è conversare con Gesù e nessuno può essere triste se riceve Gesù come eredità. Gesù Eucarestia è l’eredità che il Padre ci ha lasciato, è il suo tesoro più prezioso e continua a donarcelo nel tempo; Gesù è l’eredità del Padre, il figlio suo, una ricchezza sempre a disposizione, una ricchezza sempre per noi. Chissà, forse se in chiesa ci fossero dei beni materiali da prendere e portare a casa, accorrerebbero persone in numero molto più elevato, invece c’è semplicemente Gesù e noi dalle Sue stesse parole, siamo considerati beati: ”Beati gli invitati alla cena del Signore”, o per meglio dire: ” Beati noi che abbiamo risposto all’invito”. Che privilegio straordinario! Davvero un grande privilegio. Godiamo di questa eredità preziosissima; non possiamo fare altro che rendere grazie a Dio per questa eredità così preziosa.

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San Pio tentava sempre di renderci partecipi della sua esperienza di fede, della sua esperienza di comunione con Dio; egli invitava costantemente alla preghiera, tanto da aver organizzato gruppi che ormai, secondo il suo insegnamento,  sono presenti in ogni parte del mondo; gruppi per pregare, gruppi per andare all’essenziale, gruppi per vivere l’essenza della fede e per lasciarsi educare da Gesù Eucarestia e da Maria Santissima. Scriveva alle sue figlie spirituali:

O figliuole mie! Quanto è bello il suo volto e dolci i suoi occhi e quanto buona cosa è lo stare accanto a lui sul monte della sua gloria! Ivi dobbiamo collocare i nostri desideri tutti e le nostre affezioni… Io desidero e voi non l’ignorate, il morire e l’amare Iddio: o la morte, o l’amore; giacchè la vita senza questo amore è peggiore della morte. (Ep.III,405/6)

Riflessione:

San Pio invita a portare i nostri desideri , i nostri affetti  fino al paradiso; lì tutto trova senso, lì tutto è perfezione, purezza, autenticità e così i nostri desideri diventano autentici, puri; così i nostri affetti. E’ così che ci si perfeziona nell’amare Dio e si capisce anche, come dice San Pio: ” O l’ amore o la morte ”, perché una vita senza questo amore è peggiore della morte. Sentiamoci guardati da Gesù con quegli occhi sicuramente belli, dolci, come dice San Pio, ma soprattutto penetranti, occhi amorevoli che ti guardano l’anima e quando Gesù ci guarda l’anima, ci sentiamo sicuramente in imbarazzo per ciò che vede e ci invita quindi ad una conversione . Cerchiamo questo sguardo, incrociamolo, godiamo di questa vista, lasciamoci guardare, lasciamoci amare, lasciamoci trasformare.

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San Pio scriveva:

Ha detto il profeta Isaia: “ Un fanciullo è nato per noi, un figliuolo è stato donato a noi”. Questo fanciullo, è l’amoroso fratello, quello sposo amatissimo delle nostre anime, di cui la sacra sposa dei Cantici, in figura dell’anima fedele, cercava la compagnia… Questo figliuolo è Gesù; e la maniera di baciarlo senza tradirlo, di stringerlo fra le nostre braccia senza imprigionarlo; la maniera di dargli il bacio e l’amplesso di grazia e di amore, che egli aspetta da noi, e ci promette di rendere, si è, dice san Bernardo, il servirlo con vero affetto, di compiere colle sante opere le sue celesti dottrine che professiamo colle parole… e così finiremo nel bacio santo del Signore la vita nostra; bacio ammirabile della degnazione divina, onde non si avvicina, al dire di san Bernardo volto a volto, bocca a bocca, ma il creatore colla creatura, l’uomo con Dio reciprocamente si uniscono per l’intiera eternità. (Ep.II,488/9)

Riflessione:

Questo pensiero di un Dio che viene nel tempo perché il tempo diventi eternità… Questo amore dello sposo che è Cristo per la sposa che è la chiesa… Lo sposo  è Cristo e la sposa  è ogni nostra anima, un’anima che cerca lo sposo; un’anima che cerca l’amore, che cerca di essere amata e di amare. In Gesù sicuramente questo è trovarlo ed è bello pensare a questa immagine di baciare Gesù senza tradirlo, stringerlo tra le braccia senza imprigionarlo, in questo amore tutto speciale che genera ancora amore. E’ in questo calarsi di Dio, è in questo ricevere il suo amore che il tempo si fà eterno. E’ il concetto più importante perché è legato alla risurrezione, è legato al paradiso, è legato alla vita eterna e questa eternità ormai ci appartiene; è questa eternità ciò che Dio è venuto a donarci; Dio è entrato nel tempo per andare oltre il tempo e donarci l’eternità. E’ l’idea che dobbiamo maggiormente fare oggetto della nostra riflessione, quasi come per allenarci, per abituarci a pensare che per noi non c’è un tempo limitato, non ci sono più limiti nell’amore di Dio, ma c’è solo l’eternità: questo è il dono, lo dobbiamo accogliere; è solo dopo averlo accolto che lo potremo, almeno in parte, comprendere.

Tratto dall’Epistolario I, II, III, II edizione anno 1973, 1975, 1977 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro parroco don Emilio Lonzi.

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