- Eterno riposo, immenso oceano di bontà -

Dagli scritti di Padre Pio:

Mi sento solo, abbandonato nelle braccia dell’amabile Signore … lo sente questo divin Signore e direi quasi lo vede assai adirato contro di sé, eppure l’anima vorrebbe che si squarciasse quel sottilissimo velo che si frappone tra lei e Dio, nulla curandosi di mirarlo adirato. L’anima sotto la potenza sovrana della divina operazione si sente morire: la morte anziché farle paura, è il più ardente sospiro del suo cuore; è il sommo della felicità. (Pietrelcina, 18 settembre 1915, Ep.I,649)

Dagli scritti di Padre Pio:

Deh! padre mio, perché non mi è dato di finirla questa vita crudele, nemica del nostro Bene? È vero che una vita di molti secoli è un nulla per l’acquisto di una eternità di gloria, ma per un’anima che teme ad ogni istante di poter offendere Iddio, un giorno, un’ora sola è lunga, è infinita. Ha pur ragione di chiamare l’anima in certi momenti crudele il suo dolcissimo Signore, il quale fa sempre il sordo su questo punto. (Pietrelcina, 18 settembre 1915, Ep.I,649)

Dagli scritti di Padre Pio:

Ma perché tremo? Mi veggo quasi nell’assoluta impossibilità di poter esprimere l’operazione del diletto. L’infinito amore nell’immensità della sua forza ha conquiso finalmente la durezza dell’anima mia, e mi veggo annullato e ridotto all’impotenza. Egli si va riversando tutto nel piccolo vaso di questa creatura, la quale soffre un martirio indicibile e si sente incapace a portare il peso di quest’amore immenso. Ahimè! Chi verrà a sollevarmi? Come farò a portare l’infinito nel piccolo mio cuore? Come farò a restringerlo sempre nell’angusta cella dell’anima mia?… a che dunque più trattenerlo ancora, quando il vivere è peggiore della stessa morte?

(San Giovanni Rotondo, 12 gennaio 1919, Ep.I,1112)

Dagli scritti di Padre Pio:

Quando spunterà, padre mio, quel giorno, in cui la mia gloria canterà al mio Dio inni più lieti, ed il mio cuore non sarà più straziato da questo crudele rimorso di non potere amare, quanto pur ne sente il bisogno? Quando avranno fine tutti questi miei timori, tutti questi sospiri? Misero me! Lo comprendo benissimo che l’anima non entrerà nel suo eterno riposo se non quando, perduta per sempre in quell’oceano immenso di bontà, conoscerà ciò che egli conosce, amerà ciò che egli ama, e godrà solo di ciò onde egli stesso è beato… O centro unico di ogni mia felicità, o mio Dio, e quanto dovrò dunque io aspettare ancora? (Pietrelcina, 18 settembre 1915, Ep.I,650)

Tratto dall’Epistolario I, II edizione anno 1973 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni

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