Chi ha guidato

Avevo lavorato alacremente nei primi giorni della settimana per ritagliarmi i due giorni da stare vicino al Padre. Era tanta la gioia dell’attesa, che sembrava già di essere arrivato là. Circa le 23 stesi una coperta sul pavimento della stanza e mi coricai con la speranza di non finire ingoiato dal sonno profondo. Volevo partire appena la mezzanotte. Improvvisamente mi scoppia un mal di testa terribile. Che fare? Vado lo stesso? Ce la faccio? Riprendo sonno. Un fastidioso prurito inizia a pizzicarmi la gola. Comincia lo stimolo della tosse. Istintivamente mi opponevo ad una mano invisibile che mi sollecitava ad alzarmi. Ero così stordito dal sonno che non pensavo più al viaggio. Quando finalmente fui padrone dei miei sensi, tutto tornò chiaro. Guardai l’orologio: non c’è più tempo da perdere. Mi alzo, mi lavo. Monto in macchina. L’aria era fresca e il cielo pieno di stelle. Giungeva nitido il rumore del mare. In convento era pieno il silenzio della notte. L’unico in movimento ero io. Se qualcuno mi avesse sentito, mi avrebbe dato del matto. Parto. Sull’asfalto la cinquecento sbuffava, perché spingevo l’accelleratore. Non c’era l’autostrada. Si percorreva tutta la nazionale, poi la superstrada da Termoli a San Severo. Da lì la vecchia strada per salire a San Giovanni. Ma ancora lontano, alle curve di Ortona, il mal di testa riprende a martellare le tempie. Quasi mi si appannava la vista per il dolore. Che fare? Tornare indietro o andare avanti? Era comunque un rischio. Ricorro alla mia ancora di salvezza. Dico: Padre, guida tu, altrimenti io vado fuori strada e a te arriva la notizia di me! All’istante una mano morbida e fresca mi sfiora il viso e mi accarezza la fronte. Il malessere scompare. Proseguo in perfetta tranquillità. Non ricordo quanto tempo impiegai, ma ebbi la chiara sensazione di essere arrivato con molto minor tempo del solito. Terminata la Messa del Padre, vado a salutarlo in cella. Dopo l’abbraccio mi domanda con un’aria misteriosa: – Da dove vieni tu? – Rispondo: – Da Pescara -. E come sei venuto? -  – Con la macchina, Padre -. – E chi ha guidato? – Io totalmente dimentico del pericolo corso e della preghiera rivolta a lui, ho risposto semplicemente: – Ho guidato io -. Il Padre solleva un braccio nell’aria e in tono deluso, esclama: – Ah! Non aggiunge altro. Sulla via del ritorno, ricostruendo quel colloquio, ricordai tutta la vicenda e mi vergognai di me stesso. Corsi col pensiero al Padre per dirgli: porto un macigno sulla coscienza. Fra qualche giorno tornerò. Ti prego di rivolgermi le stesse domande. Che Padre paziente! La settimana dopo mi vede arrivare imbarazzato e vergognoso. Egli mi ripete come una litania le stesse domande. Quando alla fine rispondo: -Ha guidato lei-,  mi tende le braccia e mi stringe a sé con un sorriso, che mi riempie il cuore.

Mi devi “sciancare”

Si usa dire “sciancato” a chi ha le anche rovinate, per cui non ce la fa a camminare. Questo fa pensare al flagello della “crurifazione”, che veniva eseguita sui condannati alla crocifissione per provocare la morte sicura. Perché Padre Pio mi rimproverò di volerlo “sciancare”? Assolutamente lungi da me una simile idea! Ho offerto la mia vita per lui. Dicevo a Gesù: se la mia vita intera può valere un minuto della vita del Padre, prendi subito me e concedi un minuto di più alla vita del Padre, immolato per la conversione dei peccatori e per la salvezza delle anime. Quando i miei impegni ordinari me lo permettevano io mi recavo pellegrino solitario in questo o quel santuario per trascorrere una giornata di preghiera e di digiuno. Ne avevo bisogno per rafforzare il mio spirito, e rendere più efficace il mio apostolato nell’OFS regionale, nell’ONARMO, nei Gruppi di Preghiera e come segretario per i religiosi della CISMAM (Conferenza Episcopale Abruzzese – Molisana). temendo di non fare bene ogni cosa, m’ero proposto di chiedere in confessione al Padre quale di esse era il caso di lasciare. Il Padre mi prevenne: – Figlio mio, ricordati che Dio è giusto e dà il premio pari ai meriti -. In altra circostanza, sempre riguardo a questo mio pensiero, mi disse: – Non ti risparmiare! – Dunque io avevo bisogno di puntare sulla preghiera. Alla guida della macchina tornavo verso sera da una di queste giornate di raccoglimento. La strada era accidentata e piena di curve. Bisognava attraversare una serie di ponti, perché il torrente sottostante andave a zig – zag. I ponti erano antichi e i parapetti alti impedivano la buona visuale. All’inizio di uno di questi ponti mi sono trovato davanti una macchina in sosta. Non c’era modo di schivarla, non c’era tempo di frenare. Attimi fatali! Con gli occhi aperti andavo inevitabilmente contro quell’ostacolo. Ho sentito un brivido di gelo dalla testa ai piedi. Senza frenare, la macchina si ferma. Prima di riprendermi e di scendere è passato qualche minuto. Ho girato lo sguardo sulle montagne intorno per rendermi conto che non stavo sognando, ma era realtà. L’unica cosa che sono riuscito a pensare in quel momento l’ho detta a me stesso: domani andrò a ringraziare il Padre. La mattina dopo sono andato. Quando mi sono trovato davanti a lui, volevo subito accennare allo scampato pericolo e ringraziarlo di avermi salvato la vita. Il Padre, che era seduto, non mi ha dato tempo. Sollevando le braccia d’impeto, come chi deve parare un guaio improvviso, esclama: – Ma tu mi devi “sciancare” in tutto? – Ho provato un attimo di dolore e di sconforto, come nell’istante in cui la macchina si era fermata sul ponte. Affaticare Padre Pio! Non era proprio quello che volevo. Gliene chiedo ancora perdono.



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