Così piccolo

Il clima natalizio vicino a Padre Pio mi ricordava la celebrazione della nascita di Gesù come l’avevo vissuto da bambino e da fanciullo in famiglia. Rinnovava nel mio cuore di figlio di San Francesco quello che avevo goduto, trascorrendo più volte il Natale nella città di Assisi. Il presepio in quei santuari mi trasportava spiritualmente alla grotta di Betlemme e alla Grotta dei Pastori, vicino a Betlemme. Il Natale di Gesù è la festa delle feste, come lo definiva il Serafico Padre. Egli bramava che tutto il mondo potesse esultare e cantare per accogliere il Figlio di Dio, che nasce sulla terra. Diceva che tutti, uomio far festa. Aggiungeva: “Se potessi, andrei dall’Imperatore per dirgli di far gettare grano per le strade affinché gli uccelli possano mangiare in abbondanza”. I suoi biografi raccontano, che a Greccio, la notte di Natale, dopo aver cantato da diacono il Vangelo, fu visto col Bambino Gesù vivo tra le braccia, e pronunciando le parole: “Bambino di Betlem” sembrava che avesse il miele in bocca. Del resto la storia del presepio nelle chiese è una storia tutta francescana. Non parlo del mistero, ma della sua rappresentazione, ridotta a scene e canti di menestrelli. Io facevo del tutto per trascorrere a San Giovanni Rotondo qualche giorno durante le feste natalizie. Quando il giorno dell’Epifania Padre Pio offriva il Bambino da baciare, i fedeli vivevano una emozione particolare. Molti baciavano prima il Bambino e poi, furtivamente, la mano del Padre. Negli ultimi anni era il celebrante che si recava sul matroneo e portava a Padre Pio il Bambino. A Pietrelcina, e credo anche a San Giovanni Rotondo, si conserva il Bambinello baciato da Padre Pio. Dalla signora Pia Forgione, nipote del Padre, ho avuto l’incarico di far restaurare la culla di Padre Pio, quella che poi fu donata con firma di notaio ai Cappuccini del convento di Pietrelcina. L’episodio che diede luogo a ciò che voglio testimoniare in ordine al Bambino Gesù e a Padre Pio, avvenne a San Giovanni Rotondo. Desideravo tanto avere un0immaginetta di Natale con la Sacra Famiglia benedetta dal Padre. Al momento opportuno mi recai davanti a lui con l’immaginetta fra le mani. Il Padre era seduto. Come sempre in questi casi mi inginocchiai e lo pregai di benedirla. Accadde quello che non immaginavo. Padre Pio, tenendo la mano sinistra poggiata sulla mia spalla, puntò il dito della mano destra sulla figura della Madonna. Mi domandò: – Chi è? – - E’ la Madonna -, risposi. Poi portò il dito su San Giuseppe e domandò: – Chi è? – Ho risposto: – E’ San Giuseppe -. Poi indicando il Bambino dormiente nella culla, continua: – E questo chi è? – - Padre -, rispondo, – E’ Gesù Bambino -. Si erge nella persona, allarga le braccia, e fissandomi negli occhi, esclama: – Ma così piccolo! – Rispose al pensiero che mi tormentava in quei giorni: Gesù Bambino è grande, perché è Dio. Il mio amore per Lui è ancora troppo piccolo!

Stai lì e prega per me

Nell’età della fanciullezza a chi mi domandava: – Cosa vuoi fare nella vita? – Rispondevo sempre: – Voglio fare il medico pilota -. – Perché? – - Mi piace curare i malati e volare nell’azzurro del cielo -. Mi appassionava alla geografia per conoscere i popoli lontani. Motivi vari mi costrinsero a frequentare le scuole tecniche di avviamento professionale. In quegli anni ci ritrovammo tra gli orrori della guerra. Subivamo le angherie e le minacce dei soldati tedeschi, che ci cacciavano dalle case e ci deportavano verso il nord: Trieste, Udine, Bolzano, meno esposte alla conquista alleata. Io sono sempre sfuggito a quelle retate facendo anche centinaia di chilometri a piedi tra fame, freddo e pericoli di morte. Prima che ci trovassimo nella morsa dei tedeschi e sotto i bombardamenti americani, uscivo da scuola e mi trattenevo nel convento dei Cappuccini del mio paese. Ebbi dai Padri l’incarico di tenere pulita e ordinata la biblioteca del convento. La frequenza durò più di due anni. Ero appassionato di letture. Lessi tra l’altro intere collane missionarie e l’opera colossale del cardinale Guglielmo Massaia “I miei trentacinque anni di missione”. Sbocciò in me la vocazione cappuccina missionaria. La guerra mi costrinse a ritardare l’ingresso in seminario. Mi proposi di fare mia la vita e il nome del Massaia. Per questa particolare vocazione, durante tutti gli anni di studi, mi affidarono l’associazione missionaria studentesca della “Divina Pastora”, Patrona delle missioni cappuccine. Ne ero assai felice e mi davo da fare. Però avevo deciso di andare da Padre Pio prima di partire per le missioni. Sentivo profondo il bisogno di confessarmi da lui e di affidarmi al suo consiglio e alla sua preghiera. Ero pronto a partire per le missioni. Sarei andato in Colombia. Giunse in Italia il vescovo di quel territorio per la visita ad limina. Venne da me e mi disse: – Sono venuto a prenderti. Tutti ti aspettiamo -. Ma in quel momento il futuro della mia vita sacerdotale era cambiata. Perché? In uno dei viaggi a San Giovanni  m’ero propoato di domandare a Padre Pio: – Il Signore mi vuole nelle missioni? – Una volta vicino al Padre, trascorro giorni senza ricordarmi della domanda. Sulla via del ritorno con mia confusione e meraviglia mi accorsi della dimenticanza. Programmai a breve scadenza il prossimo viaggio col preciso scopo di avere il suo consiglio. Mi vergogno a dirlo; si ripete la stessa dimenticanza. Inutile dire quanto in un successivo viaggio ci tenevo a risolvere un problema per me così importante. L’affetto mi legava al Padre e al bisogno della sua guida amorosa, tuttavia in caso il Signore l’avesse voluto, sarei partito senza indugio per le missioni. Per la terza volta stavo ripartendo senza rivolgere a Padre Pio quella domanda. L’avevo abbracciato per salutarlo e mi aveva dato, come sempre, la sua benedizione. Ero già sulla porta quando, mi richiama e mi domanda: – Ma tu dove sei? – - Sono a Pescara, Padre -. Egli con quel tono profetico, che non ammette replica, aggiunge: – Bene; stai lì e prega per me -. Cancellato il pensiero delle missioni, ho impiegato anni a capire tutto il significato di quelle sue parole. Era facile capire: “Prega per me”. Non altrettanto facile capire che pregare per lui significava anche “lavorare con lui”. E’ questa la missione, che Dio ha voluto, e ne sono felice.



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