Solo in Dio riposa la mia anima -

Abbiamo tante volte riflettuto sull’anima, questa realtà così importante ma così poco considerata. Sembra quasi che la cultura moderna, anche in ambito di fede, l’abbia un po’ dimenticata, se ne parla poco. Meditando gli  scritti di San Pio, invece, la nostra anima costantemente viene riproposta alla nostra attenzione, quasi fosse l’argomento più importante e se San Pio insiste tanto nel considerare la propria anima, lui che è un santo, significa che nella espressione della santità, l’anima ha un posto dominante. Se i santi sono i nostri modelli di vita cristiana, dobbiamo imparare da loro. E’ una grazia speciale quella di poter, ogni settimana, adorare Gesù Eucaristia, guidati dagli scritti di San Pio. Davanti a Gesù Eucaristia, lasciarsi ispirare pensieri divini, alla luce dell’esperienza di questo santo, che ci è tanto caro, è come se avessimo la possibilità di innamorarcene sempre di più. Ma questo innamorarci della figura di San Pio deve significare imparare da lui, affinché sia questo modello efficace di santità, che porti anche noi a manifestare la santità che dal battesimo abbiamo ricevuto, così la preghiera si trasforma in rendimento di grazie, ciò che Dio gradisce più di ogni altra cosa. Dio gradisce la richiesta perché si ripone fiducia in Lui, gradisce la lode, ma più di ogni altra cosa, gradisce il rendimento di grazie: esso è l’espressione di chi manifesta la fede nella pienezza del suo significato.

Scriveva San Pio:

… Dovete sapere che la più grande miseria dell’anima non è già quella di sentirsi debole, ma quella ben sì di credersi forte, di fidarsi di se stessa, di presumere, di inorgoglirsi la fronte della sua debolezza. Oh! Se tutte le anime esperimentassero una sì santa debolezza, non vedremmo rinnovarsi migliaia di volte in ogni istante la caduta di tante anime! Non è giammai accaduto che un’anima che esperimenta in se stessa la debolezza e che ha ricorso a Dio per aiuto sia caduta. (Ep. III, p.70)

Riflessione:

Dobbiamo sempre fare attenzione a come parlano i santi: “ La più grande miseria dell’anima è quella di credersi forte “. Che contraddizione! L’anima, quando si sente ricca, allora è veramente povera; quando si sente forte è veramente debole. Allora, quando l’anima si sente debole è veramente forte, perché la forza dell’anima è solo in Dio e mai in se stessa. San Pio ci dice che se le anime sperimentassero questa santa debolezza, riuscirebbero a non cadere. E la luce dell’anima è data proprio dal ricorso a Dio perché “… non si è mai dato – dice San Pio – che un’anima che per debolezza sia ricorsa a Dio, sia poi caduta”. Proviamo a chiederci quante volte siamo caduti perché pensavamo di essere forti e quante volte, invece, nella più autentica debolezza, avendo fatto ricorso a Dio, poi, di certo, caduti non siamo.

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Continuando questo discorso di forza e debolezza dell’anima, San Pio scriveva ancora:

L’anima invece allora soltanto rimane miseramente conquistata e vinta quando, fidando sulla sognata abbondanza delle sue forze, crede di potersi sostenere e reggere per sempre in faccia alle tentazioni; di qui avviene che la poverina,per la sua presunzione, allorquando si credeva di toccare il cielo, in un istante si trova precipitata sino alle porte dell’inferno. (Ep. III, p.70)

Rilfessione:

Questo peccato di orgoglio, allora, non è solo un’esperienza umana della nostra esistenza terrena, ma un’esperienza spirituale. La gravità dell’orgoglio non è il quanto siamo dei presuntuosi o appariamo tali, ma è un’esperienza ben più profonda che può causare la nostra rovina spirituale. “ La vera miseria dell’anima – ci ripete San Pio – è quando confida nelle proprie forze e pensa di potersi confrontare con qualsiasi tentazione e proprio quanto più ha la pretesa di toccare da sola il cielo, si trova precipitata fino alle porte dell’inferno”. L’immagine ci indica la massima tragedia possibile, la massima sventura possibile, quella di trovarsi dinanzi alle porte dell’inferno, perché l’anima non può avere la pretesa di salire a Dio di forza propria, l’anima è attirata da Dio, è la forza di Dio che guida l’anima, non la forza propria. Che errore grande nella esistenza di tanti, di troppi! Pensano di essere loro, con la propria forza, a decidere il bene o il male, a decidere di salire al cielo. Quanta presunzione! E’ vero, tanta è l’ignoranza, ma troppo orgoglio, troppa presunzione. Il peccato originale costantemente insidia le nostre anime e allora San Pio, umilmente in ginocchio, guarda Gesù, perché non accada mai che la nostra anima abbia questa presunzione, ma, riconoscendone la fragilità, possiamo fidarci solo di Lui, della sua forza, del suo amore potente e come San Paolo riuscì a dire: ” Quando sono debole è allora che sono forte ”.

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Come spesso Gesù ci ha detto, anche san Pio ci invita a non temere, ci invita a non intendere minacciose queste realtà, ci invita ad avere l’atteggiamento giusto, quello umile e confidente, quello vero, in quella verità che indica il nostro impegno, nell’essere coerenti, autentici, a chiedere perdono perché a volte questo orgoglio ha il sopravvento e a mostrare la verità, con quella debolezza che in Lui diventa forza, con quella debolezza che in Lui si pare all’autentica speranza, con quella debolezza che ci fa manifestare la realtà della fede e dell’amore più autentico, in modo che ciò che il mondo vede in negativo, agli occhi di Dio è più che positivo: possiamo dire che è proprio strada di salvezza.

Scriveva San Pio:

Non temete … anzi maggiormente confidate nella divina misericordia, umiliatevi dinanzi alla pietà del nostro buon Dio e ringraziatelo di tutti i favori che vi vuol concedere e di tutti quelli che vi ha concessi sino al presente. Tanto richiede la nostra gratitudine e noi non potremmo giammai addimostrare questa nostra gratitudine degnamente a chi di tanti favori ci arrichì … continuate a pregare … a tutto questo vi animi il premio che vi aspetta e che non sarà lontano. (Ep. III, p.71)

Riflessione:

Confidare nella divina misericordia, non avere paura, ringraziare, continuare a pregare, sembrano i tratti fondamentali del percorso che porta fino al cielo, sono le tracce che seguiamo e che dobbiamo lasciare dietro di noi, affinché anche altri possano percorrere strade simili e lasciare tracce di questo tipo. Preghiamo perché ognuno riesca a scegliere di seguire queste tracce, preghiamo Gesù Eucaristia per coloro che hanno smarrito la strada, preghiamo per coloro che non trovano più queste tracce e sono tanti, per i più svariati motivi, non solo di orgoglio, di presunzione, ma anche di distrazione o travolti da torrenti impetuosi che fanno smarrire la cosiddetta retta via. Presentiamo a Gesù tutti questi (alcuni ci sono particolarmente cari), perché tutti possano ritrovare questi atteggiamenti divini presenti in loro stessi e manifestarli a Dio per riprendere la strada per un premio che, come dice San Pio, ci aspetta e non sarà lontano.

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In questa condizione di miseria e ricchezza, di potenza e debolezza, dobbiamo riuscire a leggere le realtà della nostra anima, per comprendere ciò che è ricchezza davvero, ciò che è forza davvero, ciò che Dio ci chiede davvero, per essere proprio come Lui ci vuole e in Lui trovare la forza, la ricchezza, in Lui solo trovare davvero la salvezza.

Scriveva San Pio:

Le tue impotenze, t’immagini che ti cagionano del danno, giacché tu supponi e sembrati che queste impotenze t’impediscono d’entrare in te stessa, e di avvicinarti a Dio … Egli vuole, che la nostra miseria sia il trono della sua misericordia, e le tue impotenze la sede della sua onnipotenza. Dimmi, mia brava figliuola, dove mai Dio fece consistere la fortezza di Sansone? Non la ripose egli nei di lui capelli (Giud 16,17), la più debole parte che fosse in lui? deh! che io non vegga più in un sì madornale errore una figliuola, la quale vuole servire il suo Dio secondo il suo divino beneplacito, e non secondo i propri gusti sensibili … no … le tue impotenze non ti hanno impedito e né t’impediscono di entrare in te stessa, ma bensì t’impediscono di lamentarti in te medesima. (Ep. III, p.175)

Riflessione:

Queste nostre impotenze e debolezze non dobbiamo più vederle come dati negativi della nostra vita, soprattutto della nostra vita spirituale. Sono davvero importanti queste espressioni: ” La nostra miseria sia il trono della sua misericordia;le nostre impotenze, la sede della sua onnipotenza ”: parola di santi. Il nostro eccomi, come eco dell’eccomi di Maria. Lei che si sentiva miseria, ha trovato il massimo della misericordia, lei che si sentiva davvero fragile e impotente, in Lei si è manifestata l’onnipotenza di Dio. Allora è una verità! Cerchiamo anche noi  allora di non cadere mai in questo errore. Dio non si serve dei propri gusti sensibili. Le nostre fragilità diventano occasione affinché Dio possa manifestarsi chiaramente, ma bisogna fidarsi di Lui, affidarsi a Lui. Le nostre fragilità servono a non lasciarci inorgoglire, ma a saper sempre più confidare in Lui, nel suo amore, nella sua misericordia. Questo non è solo un ragionare, questo deve diventare un vivere. Chissà quante volte San Pio avrà sperimentato la sua debolezza, la sua miseria! In quella condizione ha fatto talmente spazio a Dio che ha fatto sì che si manifestasse tutta la sua onnipotenza, tutta la sua misericordia. Chissà quante esperienze di dolore nel non saper amare, messo talmente a disposizione di Dio e l’amore di Dio ha compiuto quelle meraviglie di cui non si fa altro che raccontare, ovunque nel mondo. Chiediamo a Gesù Eucaristia di capire fino in fondo questa realtà da santi, almeno in parte riuscire anche noi a sperimentarle.

Tratto dall’Epistolario III, II edizione anno 1977 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.

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