– Quaresima, periodo penitenziale -

In questo tempo di Quaresima ci viene riproposta un’esperienza di preghiera più profonda, più coerente, più autentica, un periodo che consideriamo penitenziale, in cui lo spirito possa dominare sulla materia. La figura divina, protagonista di questo tempo, lo sappiamo bene, è Gesù Crocifisso. Dinanzi a Gesù Eucaristia, che non è altro che Gesù glorioso, intravediamo le tracce di una Passione, di una morte, le tracce di un’infinita sofferenza. Sono le tracce della conseguenza del male, sono tracce di quel Crocifisso che ha dimostrato l’amore di Dio al mondo intero, il Crocifisso che ancora oggi sembra non trovare posa, non trovare pace, perseguitato ancora, dopo duemila anni. Capiamo allora che quel Cristo Crocifisso è un Crocifisso di tutti i tempi, è un perseguitato di sempre e sempre, quindi, continua a dire amore, sempre continua a dire pace, sempre continua a dire offerta di sé, testimonianza autentica.

San Pio scriveva:

Non temere Dio, perché non vuol farti alcun male. Rappresenta alla tua immaginazione Gesù crocifisso, tra le tue braccia e sul tuo petto, e di’ cento volte, baciando il suo costato:“Quest’è la mia speranza, la sorgente della mia felicità; quest’è il cuore dell’anima mia; mai nulla mi separerà dal suo amore; io lo posseggo e non lo lascerò, finché non mi mette nel luogo di sicurezza”. Digli spesso:“Che cosa posso io avere sulla terra o che posso pretendere nel cielo, se non voi, o mio Gesù? Voi siete il Dio del mio cuore e l’eredità che io desidero eternamente”. (Ep.III,502)

Riflessione:

Come spesso accade nell’esperienza della fede, ci sono forti contrasti. Il Crocifisso, umanamente, è l’immagine della peggior condanna, del rifiutato e invece, nella fede, è il segno dell’amore grande di Dio, è un abbraccio per il mondo che soffre, è l’abbraccio per ogni cuore umano, è un luogo di rifugio, è un luogo di sicurezza, è il luogo della salvezza. Nel cuore di ognuno di noi dovrebbe esserci Gesù Crocifisso, di modo che potremmo essere capaci di capire che in ognuno di noi c’è l’esperienza della salvezza, dell’amore di Dio, della vittoria sul peccato e sulla morte; questa è la nostra speranza, questa è la sorgente della felicità, questo è il cuore dell’anima nostra e nessuno potrà mai separarci da questo amore. Con il Crocifisso nel cuore, probabilmente anche la preghiera sorge spontanea, anche la preghiera diventa profonda esperienza di comunione con Lui; la preghiera diventa unione autentica con Dio, come spesso non riesce ad accadere. E allora la Quaresima ci viene proposta come un tempo di scuola di preghiera.

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San Pio scriveva:

La maniera ordinaria della mia orazione è questa. Non appena mi pongo a pregare, subito sento che l’anima incomincia a raccogliersi in una pace e tranquillità da non potersi esprimere colle parole. I sensi restano sospesi, ad eccezione dell’udito, il quale alcune volte non viene sospeso; però ordinariamente questo senso non mi dà fastidio, e debbo confessare che anche se a me intorno si facesse del grandissimo rumore, non per questo riesce a molestarmi menomamente. Da qui capirete che poche sono le volte che riesco a discorrere coll’intelletto. (Ep.I,420)

Riflessione:

L’esperienza della pace e della tranquillità, ponendoci in preghiera, di certo tante volte l’abbiamo fatta. Occorre del tempo. All’inizio sembra che tutti i pensieri, tutte le preoccupazioni, tutte le distrazioni sopraggiungano. Poi, man  mano si diradano e riusciamo a concentrarci sempre di più; è in questa concentrazione che incontriamo Dio. Tra i tanti contrasti che emergono tra la dimensione della fede e quella della vita quotidiana, uno è quello di pensare che è importante agire. Abbiamo sempre tante cose da fare e l’ansietà tante volte ci domina e non ci permette la serenità che Dio vorrebbe vedere nei nostri cuori. Gesù ci ha salvato, invece, nella più totale immobilità. Era inchiodato sulla croce a salvare il mondo. La preghiera stessa non è compresa dal mondo, perché la preghiera è uno stare fermi, è uno stare con Lui e anche se pregassimo muovendoci, si tratta sempre di una situazione di calma, di pace. Questi due atteggiamenti, di stare dinanzi a Lui ossequiosi, senza dire o ascoltare, ma prostrati con lo spirito davanti a Lui, rendendoci semplicemente conto di chi siamo e di chi abbiamo dinanzi e in questa realtà, in questo contesto ascoltare e rispondere, comprendere ciò che ci ispira, ciò che ci dona Dio e ancora una volta capiamo la difficoltà di trovare le parole per spiegare quest’esperienza. San Pio dice che Dio spande sopra di noi mille balsami ed unguenti preziosi che recano una grande soavità all’anima, quasi l’impossibilità di spiegare ciò che il cuore e l’anima dovrebbero riuscire a percepire.

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L’incontro con Dio è sempre un incontro d’amore. L’immagine che viene spesso manifestata è quella nuziale, dello sposo con la sua sposa. Dio è lo sposo, il suo popolo è la sposa; Dio è lo sposo e ogni anima è sua sposa, in un patto nuziale che diventa modello di ogni rapporto perfetto nell’amore.

San Pio scriveva:

Iddio vuole sposarsi coll’anima in fede e l’anima che deve celebrare questo celeste connubio in fede pura deve camminare, la quale soltanto è mezzo adatto ed unico per quest’unione d’amore. L’anima, dico, per assorgere alla divina contemplazione, deve essere purificata di tutte le imperfezioni non solo attuali, che si ottiene con purga sensitiva, ma sibbene da tutte le imperfezioni abituali, che sono certe affezioni, certe abitudini imperfette che la purga del senso non è riuscita di estirpare e che rimangono nell’anima come allo stato di radice; e che si ottiene con la purga dello spirito, colla quale Iddio con una luce altissima penetri tutta l’anima, intimamente la trafigga e tutta la rinnovi. (Ep.I,441)

Riflessione:

Più volte mi è capitato di dirvi che quando i mistici descrivono il rapporto con Dio, sembra che dicano cose incomprensibili e occorre un’attenta lettura per intuire il significato di ciò che dicono. Il viverlo,poi, chissà se ci sarà mai dato. Questa nuzialità di Dio con l’anima richiede un’anima priva di imperfezioni e San Pio ci parla di imperfezioni attuali e di imperfezioni abituali, cioè non è solo il momento in cui tu purifichi te stesso , ma è l’habitus, lo stile che fai assumere alla tua anima che deve essere purificato, altrimenti non puoi contemplare Dio e non puoi vivere questa comunione così come Lui te la propone e allora subito viene da chiedersi:”Ma come è possibile?”. Ancora una volta capiamo che non è nelle possibilità umane vivere questo rapporto intimassimo con Lui. Le parole che San Pio usa e che penso non siano di così facile comprensione nel significato più autentico:”Dio con una luce altissima penetri tutta l’anima, intimamente la trafigga e tutta la rinnovi”. Non saprei spiegare questa esperienza: è un’esperienza da vivere.

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In questo cammino di unione e di comunione con Dio. In questo lasciarsi attirare da Lui, in questa esperienza profonda d’amore, ognuno di noi è invitato a camminare. Gesù stesso, incarnandosi, è venuto a camminare sulle strade di questo mondo, verso la meta che lo avrebbe ricondotto al Padre. Camminare in qualche maniera non è solo un andamento fisico ma è anche un’esigenza dell’anima: camminare verso il Signore, andare verso di Lui, rendendosi conto che è Lui, in realtà, che ci viene incontro e noi facciamo solo dei minimi passi rispetto alla distanza che Lui riesce a colmare.

Di questo cammino San Pio scriveva:

Vogliamo camminare bene? Ebbene applichiamoci a battere la strada che è più vicina a noi. Imprimiti bene nella mente ciò che sto per dire: noi desideriamo alcune volte di essere buoni angeli, e trascuriamo di essere buoni uomini. La nostra imperfezione ci deve accompagnare fino sul feretro, noi non possiamo giungervi senza terra; non conviene addormentarvici né voltarvici, giacché siamo dei piccoli pulcini, senza le ali però. Noi moriamo poco a poco alla vita fisica, ed è questa una legge ordinaria tenuta dalla provvidenza; ed alla stessa maniera bisogna far morire anche le nostre imperfezioni di giorno in giorno; o felici imperfezioni, potremmo esclamare, che ci fanno conoscere la nostra grande miseria, ci esercitano nella umiltà, al disprezzo di noi stessi, alla pazienza e diligenza; nonostante le quali Dio osserva la preparazione del nostro cuore, la quale è perfetta. (Ep.III,683)

Riflessione:

Questa riflessione sembra dare seguito a ciò che è celebrato il mercoledì delle ceneri, dove questa realtà umana ci viene posta come un nulla , un po’ di polvere. Quello noi siamo umanamente: un po’ di polvere che con quel soffio vitale, diventa manifestazione della vita di Dio; il nostro corpo, come dice San Pio, colmo delle nostre imperfezioni che non potranno mai abbandonarci, che ci seguiranno fino alla tomba. Ma come questo corpo muore progressivamente, poco a poco alla vita fisica, ecco che San Pio ci invita a riflettere come anche le imperfezioni devono morire di giorno in giorno e questa realtà di andare incontro alla morte, lui la definisce una legge ordinaria tenuta dalla Provvidenza: la morte è Provvidenza. C’è proprio da riflettere, c’è proprio da cambiare idea, c’è proprio da cambiare mentalità. La morte è sempre stata una disgrazia, la morte viene vista sempre come una punizione; quando si muore bisogna sempre accusare qualcuno e se non c’è nessuno con il quale ce la possiamo prendere, ce la prendiamo con Dio. San Pio invece dice che essa è una manifestazione della Provvidenza, perché con noi muore il peccato e l’anima è totalmente libera di ricongiungersi a Dio. Con questi pensieri di considerazione corretta del nostro corpo, delle nostre imperfezioni, della Provvidenza per noi, San Pio ci dice che Dio osserva la preparazione del nostro cuore, la quale, in questa condizione, è perfetta.

Tratto dall’Epistolario I, III, II edizione anno 1973, 1975 a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Le riflessioni sono del nostro Parroco don Emilio Lonzi.

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